Artista affermata e ormai matura, un giorno Masayo riceve una visita inaspettata: alla sua porta si presenta una trovatella che sembra la copia esatta di Lala, la gatta con cui, molti anni prima, aveva condiviso il tetto.
L’episodio, apparentemente banale, le riporta alla mente un periodo della sua giovinezza. Chiamata a far da tutrice alla piccola proprietaria di Lala, Momoko, e allieva del padre di questa, Gorō Kawakubo, celebre pittore amante della cultura americana, Masayo si era ben presto ritrovata in una situazione ambigua e non priva di tensioni anche a causa del fascino di lui. Ma perché la vista della gatta, a distanza di decenni, la turba così? Quali inquietanti ricordi le evoca?
La potenza di queste pagine sospese fra mystery e analisi psicologica (Il gatto nella bara), come evidenzia la traduttrice Giulia Colelli, sta nel fatto che “non c’è niente di esplicitamente soprannaturale, niente che a un primo sguardo possa destare sospetti”: sottile, strisciante, imprevedibile, “il mistero”, in altre parole, “è nascosto nel quotidiano”.
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