Jurij Bujda (1954) è cresciuto nella piccola città di Znamensk nella regione di Kaliningrad. Questo territorio, molto conteso nell’ex Prussia orientale, fu occupato dalle truppe sovietiche nel 1945; gli abitanti tedeschi furono deportati in massa. I russi, tra cui era nato Bujda, erano effettivamente immigrati e il senso del transitorio attraversa il suo ciclo di racconti. Privati di un senso del passato, gli eterogenei abitanti russi di questa “città-insediamento” – storpi di guerra, mogli in lutto, pazzi e maghi – vivono in un mondo dislocato. La morte è tutt’intorno a loro, eppure Bujda anima le loro vite con vitalità e umorismo indimenticabili, e con un particolare senso del miracoloso russo. Il suo stile di prosa, barocco,realista magico e selvaggiamente conciso, è una sfida formidabile per il soggetto. Riempie i suoi intensi racconti, spesso non più di una mezza dozzina di pagine, con una trama attorno alla quale molti scrittori sarebbero felici di costruire interi romanzi. Tra i suoi premi più importanti, l’Apollon Grigoriev (Russia, 1999) e il BIG BOOK 2013. Pubblicato per la prima volta nel 1993 e finalista del Russian Booker Prize, Il treno Zero ha avuto un grande successo in Russia e in Europa. Il treno Zero ha l’intensità di Dostoevskij e una storia d’amore toccante come quella del dottor Živago.
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